martedì 19 febbraio 2013

Dibattito


Domanda: chi può salvare il nostro mondo oggi?
L'uomo politico? Il cittadino? Il profeta? Il poeta? I giovani? Qualcun altro?
Se doveste scegliere la figura più indicata, chi scegliereste?
Chi sono gli eroi oggi: è ancora tempo di eroi?



Mariagrazia  Io credo che oggi più che mai abbiamo bisogno di un eroe, ma più che un eroe, abbiamo bisogno di un uomo: un uomo che sia al contempo politico, per avviare la ricostruzione dello Stato, cittadino, per capire cosa significhi vivere con 1000 euro al mese, poeta, per avere quella sensibilità intellettuale che possa illuminarlo, giovane per avere dentro la forza di spaccare il mondo (in senso buono).

Chiara Io credo che bisognerebbe abbattere un bel po' di egoismi. Un singolo non può salvar nulla. Sarà una frase fatta, ma l'amore, che è una parola dal senso ampissimo, potrebbe salvarci, sia in quanto singoli, che in quanto membri di una società. Se i politici, ad esempio, esercitassero il loro ruolo non per specularci sopra ma per passione, perché si sentono realmente appagati all'idea di fare del bene ad una nazione, non ci troveremmo nella situazione attuali. L'amore è passione, è sensibilità, è rispetto. Se la gente fosse un tantino più rispettosa, se riuscisse a guardare un po' oltre il suo circondato magari non ci sarebbero quattordicenni costretti a suicidarsi per dei pantaloni rosa. Magari la gente smetterebbe di nascondersi. Magari meno gente si sentirebbe sbagliata. E' un po' tutto sbagliato, fuori. Potremmo stare qui a parlarne per ore. 


Giovanni Da cosa si deve salvare il mondo oggi? L'unica forza che ha il potere di devastare il mondo e coloro che vi abitano è l'uomo. L'uomo è il nemico ma anche il soggetto in questione. Il mondo non può salvarsi, perché il processo vitale dell' uomo dal punto di vista storico è fatto di alti e bassi: Ricrescita, distruzione; ricrescita, distruzione. Non illudiamoci con queste domande perché il processo di distruzione del mondo è fondamentale per una sua eventuale rinascita. Le balene continueranno a morire, le foche anche. Ci saranno cittadini impegnati e cittadini non-cittadini... Anche la poesia, se ci pensi, anche se più alta in quanto (si pensa) diretto residuo dello spirito, è soltanto un'occupazione che ci distrae dal fatto che in verità noi siamo niente. Tempo fa scrissi in un saggio breve una linea di pensiero simile. E' come se fossimo un virus sensibile, ma solo un virus che avviluppa questo pianeta. Noi siamo la causa del suo declino climatico, ma siamo anche la causa della bellezza di cui solo noi stessi possiamo essere spettatori. Ma se la nostra permanenza presuntuosa e autodistruttiva sarà prolungata, il pianeta morirà presto(e noi con esso). Se ci estingueremo allora forse il pianeta sopravviverà. Io penso solo a vivere senza regole, mosso dall'incoerenza, dalla forza della distrazione e dalla poesia, perché la ricerca della felicità, per alcuni individui, è irrealizzabile in questa società. Quindi si vive e basta, senza direzione, senza senso. Se volete, mettetevi in testa che l'ordine non esiste, e quello che l'uomo tenta di realizzare nel plastico della sua società, è solo un'illusione schifosamente cancerosa.

Gabriele Davvero, Giovanni, non c'è nulla di più stimolante dei tuoi interventi  Dunque: il mondo va salvato dall'uomo, nel senso che l'uomo è ad un tempo problema e soluzione; più che giusto: senza l'uomo il mondo non è né problema, né soluzione: non è niente. Noi d'altra parte non possiamo credere di "essere niente", se già ci accorgiamo di creare problemi; né possiamo accettare che le nostre opere siano niente, dal momento che noi SIAMO, quale che sia poi la parte nominale di questo verbo. La storia si ripete tra alti e bassi, è chiaro, in una spirale che si riavvolge costantemente su sé stessa. C'è da chiedersi se questa spirale descriva un progresso (un continuo avvolgersi in avanti), o se sia statica, se a ogni rinascita la gente sia un po' più consapevole di sé, o se tutto resti uguale invariabilmente. Certo è che l'uomo, nel corso della sua evoluzione ha incontrato sempre nuovi problemi e ha risolto parecchi di quelli vecchi; la tecnologia, ad esempio, ha risolto molti problemi, ne ha lasciati insoluti alcuni, ne ha creati altri: in questo senso io credo che la storia, pur riavvolgendosi su se stessa per certi aspetti, abbia visto nell'uomo dei progressi. Il problema ambientale è uno dei "nuovi" problemi dell'uomo, non possiamo ancora dire se andrà a ingrossare le fila dei problemi insoluti o se l'uomo troverà un'alternativa valida all'estinzione. La domanda è: dal momento che l'uomo è problema e soluzione, chi, tra gli uomini, ha la responsabilità, il merito, la facoltà di risolvere i problemi? E soprattutto, qual è il ruolo di tutti gli altri? C'è qualcuno che può dirsi più responsabile degli altri se il mondo va a rotoli, o viceversa se il mondo migliora?

Giovanni Ci sono dei criteri di giusto o sbagliato che prendono forma solo in grande scala(alcuni esseri umani decidono da sé se seguirli, o ripudiarli). Se un uomo butta una carta a terra il mondo non termina, ma se una società deforesta un continente il problema si pone in maniera abbastanza grave. Io penso che il problema (anche se di un problema non si tratta propriamente, è una caratteristica) sia che l'uomo è portato a considerarsi importante, anzi, a considerarsi e basta. Ciò è ovviamente inevitabile in quanto essere pensante. Deve esistere la considerazione di se stessi. Ma nel momento in cui il processo dell'uomo, chissà per quale motivo assume direzioni disastrose, allora la considerazione diviene potenza, e conseguentemente in alcuni casi autodistruzione. Ammiro molto l'immagine della spirale che hai esposto, è un bel concetto. Io credo che nell'uomo ci sia qualcosa che rimane immutato, intendo alcuni istinti, alcune "forze" interiori, che non sono né tangibili né studiabili (forse mi sbaglio). Io so solo che quando leggo la storia vedo quella parte dell'uomo sempre presente, anzi, predominante. Ciò può avvenire in positivo o in negativo. E questa consapevolezza di essere solo parte di un ciclo, mi confonde. Può determinare una forte introspezione verso se stessi, un'indifferenza dell'animo verso il mondo esterno o addirittura una sorta di paura, in alcuni. So anche che ogni volta che mi trovo in un luogo pubblico mi chiedo: "Come fa quell'uomo a lavorare in quella friggitoria" "Perché lo fa" "Come fa la gente a sopportare la vita in un modo tale" ( Queste domande non hanno punto interrogativo perché il tono con cui le rivolgo a lui me stesso è molto mortificato) Quindi la società mi appare come uno strumento bizzarro, di cui non comprendo i meccanismi. Un'altra domanda interessante sarebbe: La rilevanza di un essere umano quando ha luogo? Esiste a partire dalla sua nascita o acquista valore? L'uomo è un essere caratterizzato da un dualismo sfrenato, a parer mio.

Emanuele Secondo me non esistono gli eroi. Non esisterà mai nessuno che si alzerà per te, non esisterà mai nessuno che si batterà
per la tua conservazione. A volte mi piacerebbe pensarla come Leopardi, confidare nella "social catena", ma la realtà è che siamo tutti degli inetti pirandelliani, dei vinti di Verga, degli Zeno Cosini: le figure negative, in sostanza, sono quelle che ci rappresentano. Gli eroi positivi, quei paradigmi, sono miti, non esistono. Il vero eroe è colui che si redime da solo. Che poi d'altronde, siamo noi il piccolo centro del nostro universo: fuori da esso non esiste nulla.

Chiara Io penso che neanche Leopardi credeva a ciò che scriveva.

Emanuele Io penso che fosse solo un modo per dirsi che non sarebbe morto solo.

Chiara tutti abbiamo bisogno di credere in qualcosa, credo.

Emanuele Secondo me, no.

Chiara  Io penso di sì, se poi ha poco senso, o non ci riusciamo, quello è un passo avanti

Emanuele Io penso che sia inutile credere in qualsiasi cosa che non sia la propria persona.

Chiara se non sei capace di crederci, che si fa?

Emanuele diventi cristiano.

Chiara ahah punto

Gabriele  Semmai noi siamo lo sconfinato centro del nostro universo, Manu.

Emanuele il mio piccolo era un riferimento alla nostra caducità, non all'opinione che abbiamo di noi stessi.

Giovanni Sapete in cosa spero io? Io spero, non credo. Io spero che un giorno andrò via da qui e viaggerò per tutta la vita, guardando crescere nell'amore le persone. Spero che dopo la maturità io prenda il fottutissimo furgone degli zii di Lorenzo e parta con lui e Giuliana verso Christiania. Arrivato lì mi basta un lavoro semplice... barista, venditore di hashish (lì è legale e nella via principale ci sono dei banchetti), riparatore di biciclette, muratore... Smetterei anche di fumare tabacco, perché il tabacco è una droga per quelli che soffrono; smetterei di bere, perché l'alcool è una droga per quelli che soffrono. Mi basterebbe farmi qualche amico, magari innamorarmi e stare a contatto con la natura. Magari restare in una città, o poi partire, non so. Imparare a suonare uno strumento senza prendere lezioni, dipingere gli edifici quando le perone ne hanno bisogno. Fare del bene perché lo si vuole. Io spero in questo. Scommetto che avete pensato, letto il mio commento, "questa è un'utopia patetica, una pazzia, da ridere". ECCO, ciò che intendo dirvi è questo: Non trovate che sia terrificante il fatto che il desiderio di essere felici, di non voler fare male a nessuno, sia ormai un'utopia che non si prende sul serio nemmeno un po'? Io penso che questo sia un male indescrivibile. E' orribile che non esista più l'essere felici, MA, il non-essere tristi. Io dico anche: Quando è stata l'ultima volta in cui avete pensato "minchia, sono felice"? Da quanto tempo non piangete di gioia con degli altri individui davanti a un panorama? Cristo...
Ma per ora sono qui, ed è tutto sbagliato, è tutto contro di me. E la cosa che mi fa più male (me ne fa molto) è che tutto ciò che io soffro è stato etichettato per anni come Normalità, Dovere, Valore, e per molti anni ancora lo sarà, se non peggio. "se non fai questo, ti emarginiamo" Se la gente si ricordasse che l'amore e la pace sono gli unici valori importanti, perché da essi deriva tutto il resto di cui necessitiamo, non avremmo suicidi, non avremmo ubriaconi o poeti e poetesse con le ali rotte... la gente soffrirebbe di meno. E quindi cosa accade? Quelli che vogliono evadere da questa situazione sono costretti a vivere senza amore, senza pace.. e se non riescono a sopravvivere, diventano esattamente come le persone che dall'alto li hanno obbligati contro il loro volere, diventano più violenti intellettualmente e fisicamente( Porca madonna che rabbia), e distruggono se stessi o gli altri. Ecco come avviene la rovina del sistema. Ecco perché la società mi fa paura, ecco perché il progresso mi fa paura. Questo è progresso?
 
Io voglio sopravvivere al loro progresso e al loro inutile rigore mentale. E non mi frega un cazzo, ce la farò.
Pace e amore.

Chiara non c'entra nulla, però «Se ho mai provato la felicità, non è stato nei primi momenti inebrianti del mio successo, ma quando ancora non avevo letto né mostrato ad alcuno il mio manoscritto: in quelle lunghe notti piene di entusiastiche speranze, di sogni e di appassionato amore al lavoro; quando vivevo con la mia fantasia, con i personaggi da me creati come fossero parenti, come se esistessero realmente; li amavo, mi rallegravo e mi rattristavo con loro, talvolta piangevo anche lacrime sincere sul mio ingenuo protagonista».
Fëdor Dostoevskij

Gabriele Condurre una vita semplice, fare del bene perché lo si vuole: Giovanni io credo che non sia indispensabile tuffarsi in un'altra dimensione per far si che questo diventi reale. Io credo che questa costante avversione per il mondo si fondi su un'idea sbagliata: tu dici che è crudele che non si possa nemmeno desiderare di essere felici; io dico che Si Può essere felici. Mi dirai che è una questione di sensibilità, di empatia con il dolore del mondo: ma perché la gioia non è contagiosa come il dolore? Se è ipocrita e immorale affermare che il mondo è solo gioia, perché non dovrebbe essere altrettanto immorale affermare che esso è solo dolore? Può anche darsi che io sembri superficiale, perbenista, illuso perfino; ma è quello che penso. Non c'è mai stato un tempo in cui Ogni Uomo poteva guardarsi intorno e dire: sono felice. La felicità non può dipendere solo da quanto amiamo ciò che ci sta intorno, ma da quanto amiamo ciò che abbiamo dentro: e non abbiamo bisogno di essere eroi per amarci. Parlavi del tramonto: mille anni fa come oggi c'erano uomini che tornando a casa la sera non degnavano di un momento lo spettacolo di un tramonto; oggi come mille anni fa ci sono uomini che si commuovono anche solo di fronte a un fiore che sboccia nell'aurora. Non c'è alcuna degenerazione nell'uomo, o nei costumi, o nella società: solamente, chi non ama il proprio tempo gradisce pensare che prima fosse diverso. E allo stesso modo non si può confidare in un progresso tangibile in tempi brevi, non si può sperare che il mondo cambi così rapidamente da permetterci di vivere abbastanza da trovarne piena soddisfazione. Questo vuol dire forse che evaderemo dal mondo finché non ci sveglieranno come da un brutto sogno? Vuol dire che rinunceremo a cercare una felicità autentica solo perché non ci viene offerta? Parlavi di utopie: tu non credi che ci si possa alzare una mattina, con un blocco di piombo sul cuore, guardare alla finestra e vedere il sole? Il sole, capisci? E stare là a guardare con le sopracciglia tremanti e considerare che essere uomini significa vedere il sole, respirare aria fresca, levare gli occhi verso il cielo! Quando dubito di essere un uomo, a me basta guardare il cielo. Solo un cieco non vedrebbe il marcio che fa la muffa nella società, solo un cinico lo tacerebbe, solo un ipocrita lo negherebbe. Ma chi si abitua al marcio finisce per interiorizzarlo. Dimentichiamo troppo spesso che i mali della società sono mali di una collettività, e che "Loro" sono sempre e solo tanti piccoli "Io", ciascuno con i propri problemi, con le proprie paure, con il proprio nascosto talento, con la propria dimenticata bontà d'animo: creature sfiduciate in cui altri non hanno voluto credere, che altri non hanno voluto amare. Se esiste un antidoto ai mali della società è un antidoto lento: è l'uomo antidoto di se stesso, problema e soluzione, l'uomo comune nel suo prendere coscienza della propria responsabilità.

Francesca Chiara, stai per caso rivalutando il grande genio russo? 

Salvo Emanuele l' eroe, chiamiamolo così , alla fine esiste ed è esistito, quando tu dici che non esisterà mai nessuno che si alzerà per te , credo che tu stia sbagliando e dimenticato chi l'ha fatto . Ci sono quelle persone che per il bene di questa società si alzavano e combattevano e che combattono le organizzazioni criminali come la mafia . Falcone , Impastato , Borsellino ,don Pino Puglisi ,e ancora oggi Saviano e tanti altri. 

Chiara No, ma ho letto quel passo ed ho pensato a Giovanni automaticamente... 

Giovanni Sono assolutamente d'accordo con te Gabriele. Infatti io penso che vedere il mondo in maniera completamente negativa o completamente positiva sia una sorta di malformazione. Io tendo maggiormente ad assumere una prospettiva pessimistica proprio perché sono influenzato da ciò che ho vissuto. La mancanza di amore, le delusioni, le responsabilità e il peso dell'adolescenza, sono fattori che non poco investono individui sensibili, e ciò compromette la loro visione del mondo. Io mi chiedo se questo sia necessario, giusto.. non so, forse sono troppo sensibile. Forse sbaglio.



mercoledì 16 gennaio 2013



Ma se ascoltate con attenzione, li sentirete sussurrare il loro monito. Avanti, avvicinatevi. Ascoltate, lo sentite? – Carpe – sentito? – Carpe, carpe diem, cogliete l'attimo ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita.
Ho licenziato Dio
gettato via un amore
per costruirmi il vuoto
nell'anima e nel cuore.


Le parole che dico
non han più forma né accento
si trasformano i suoni
in un sordo lamento.

Mentre fra gli altri nudi
io striscio verso un fuoco
che illumina i fantasmi
di questo osceno giuoco.

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Chi mi riparlerà
di domani luminosi
dove i muti canteranno
e taceranno i noiosi

quando riascolterò
il vento tra le foglie
sussurrare i silenzi
che la sera raccoglie.

Io che non vedo più
che folletti di vetro
che mi spiano davanti
che mi ridono dietro.

Come potrò dire la mia madre che ho paura?

Perché non hanno fatto
delle grandi pattumiere
per i giorni già usati
per queste ed altre sere.


E chi, chi sarà mai
il buttafuori del sole
chi lo spinge ogni giorno
sulla scena alle prime ore?.


E soprattutto chi
e perché mi ha messo al mondo
dove vivo la mia morte
con un anticipo tremendo?

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Quando scadrà l'affitto
di questo corpo idiota
allora avrò il mio premio
come una buona nota.

Mi citeran di monito
a chi crede sia bello
giocherellare a palla
con il proprio cervello.

Cercando di lanciarlo
oltre il confine stabilito
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell'infinito.

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Tu che m'ascolti insegnami
un alfabeto che sia
differente da quello
della mia vigliaccheria.


martedì 6 novembre 2012



Austro, corso Umberto, sabato 3 novembre.

Giovanni Orecchio

Austro, corso Umberto, sabato 3 novembre. 

 





tratto da:




 


Austro, corso Umberto, sabato 3 novembre.






"Rimanemmo così, sulla sommità di quel capo, per quello che ci sembrò un tempo infinito, abbracciati senza dire una parola, mentre il vento non smetteva di soffiarci contro, e sembrava strapparci i vestiti di dosso; per un istante fu come se ci tenessimo stretti l'uno all'altra, perché quello era l'unico modo per non essere spazzati via nella notte."

-non lasciarmi, Kazuo Ishiguro.



Austro, corso Umberto, sabato 3 novembre. 

proposta da Emanuele Liotta